In natura, oltre alle tantissime piante belle e ricche di molteplici benefici, purtroppo che ne sono alcune assolutamente velenose dalle quali stare alla larga. Al contrario di quel che si possa pensare, sono tante le piante che possono risultare pericolose, velenose e alle volte perfino mortali ed è molto importante conoscerle, saperle riconoscere e non confonderle con altre varietà simili ma del tutto innocue.
D’altra parte, si possono trovare però ovunque: nel nostro giardino, durante una passeggiata in un bosco o lungo i margini di una strada e una volta che ci conoscono bene, l’importante è stare attenti a non ingerirne neanche una minima parte. E’ altrettanto importante oltre a questo, non toccarle e ci sono addirittura alcune specie che sono anche fortemente urticanti.
Conoscete la belladonna? Si tratta di un’ erbacea perenne che può crescere anche fino a 150 cm e il suo nome botanico deriva dal termine greco “Atropos” che, nella mitologia greca, si riferisce ad una delle tre Moire (le Parche della mitologia romana), oltre a Clòto ed a Làchesi. La funzione del primo, di Atropos era quella di tagliare il filo della vita ed è una pianta spontanea che contiene l’atropina, un alcaloide che va ad agire sul sistema nervoso parasimpatico.
La pianta più velenosa: scopriamo di più
Mangiare i frutti di questa pianta, frutti molto simili ai mirtilli, è davvero qualcosa di pericolo e basta solo che un bambino ne mangi 2 o 3 bacche per arrivare alla morte mentre per quanto riguarda gli adulti le quantità devono salire fino a 10-15 bacche per provocare danni.
I sintomi iniziali di questo avvelenamento da pianta sono nausea e vomito, tachicardia, ipo-salivazione e perfino difficoltà a deglutire e sono tutti sintomi che vanno poi a peggiorare con alterazioni della vista, delirio e convulsioni oltre che vertigine e coma profonda. In questi casi la morte può sopraggiungere anche nel giro di un breve tempo. Mentre il sintomo meno importante e meno grave che provoca l’atropina è la dilatazione delle pupille.
Il nome comune “Belladonna” fa riferimento al fatto che, durante il Rinascimento, le donne la utilizzavano come se fossi un di collirio per riuscire ad ingrandire le pupille e avere, così, uno sguardo decisamente più languido e seducente. In dosi terapeutiche e soprattutto sotto stretto controllo medico, l’atropina viene spesso impiegata anche nel trattamento dei classici sintomi del morbo di Parkinson in quanto riesce ad inibire i centri motori che controllano i movimenti.
Da non sottovalutare è però anche il bellissimo oleandro: una delle piante ornamentali più usate e comuni. La pianta di oleandro risulta essere tossica in ogni sua parte e, in genere, l’avvelenamento è provocato dall’ingestione delle foglie che vengono troppo spesso confuse e scambiate con l’alloro. I primi sintomi di intossicazione sono infatti nausea, vomito e malessere generale che è abbinato ad uno stato di confusione mentale.